mercoledì 19 gennaio 2011

Giovani: 20% non lavora né studia

Istat: quote rosa, ultimi in Europa

In Italia un giovane su cinque non studia né lavora: i ragazzi al di fuori di un percorso scolastico e neppure impegnati in un'attività lavorativa sono poco più di due milioni, il 21,2% tra i 15-29enni (nel 2009), la quota più elevata a livello europeo. Lo rivela l'Istat secondo cui il nostro Paese si colloca agli ultimi posti in Europa anche per tasso d'occupazione femminile (46,4%): ha un lavoro meno di una donna su due.

"Il tasso di inattività supera la media Ue"

Il tasso di inattività della popolazione italiana tra i 15 e i 64 anni è stato pari al 37,6%, valore tra i più elevati d'Europa e in aumento di oltre mezzo punto rispetto all'anno precedente. Tale risultato è la sintesi di un livello di inattività maschile pari al 26,3% e, soprattutto, di un tasso femminile straordinariamente elevato: 48,9%. Se si esamina l'andamento dell'ultima decade, rispetto al 2000 il livello generale del tasso di inattività risulta in diminuzione di 1,4 punti percentuali. Nello stesso anno, il tasso di inattività della popolazione tra i 15 e i 64 anni nella Ue è ben inferiore e pari al 28,9%. L'Italia presenta un livello di inattività particolarmente elevato, che la colloca al terzo posto della graduatoria europea dopo Malta e Ungheria.

"Italia è uno stato anziano ma 4 regioni 'ringiovaniscono'"
L'Italia è tra i paesi più anziani d'Europa, ma in alcune zone del paese, per esempio l'Emilia Romagna, l'indice di invecchiamento cala. Se l'invecchiamento della popolazione è un fenomeno in crescita, ci sono 144 anziani ogni 100 giovani (in Europa solo la Germania presenta un indice di vecchiaia più accentuato), in quattro regioni (Emilia-Romagna, Toscana, Umbria e Liguria), l'indice di vecchiaia si riduce rispetto al 2002. L'Italia è ai primi posti nella graduatoria europea come longevità. La vita media degli italiani è di oltre 84 anni per le donne e di quasi 79 anni per gli uomini, ai primi posti nell'Unione europea. Il Belpaese vanta "un'efficienza energetica buona, l'aspettativa di vita continua a crescere così come le condizioni sanitarie migliorano". E ancora: "Cresce il tasso di natalità soprattutto grazie agli immigrati, aumenta la popolazione straniera. La situazione economica estremamente difficile nel 2008-2009 ha visto le famiglie fare da ammortizzatori sociali e ci chiediamo per quanto ancora". Il sistema produtivo vede l'export crescere, ma alcuni settori sono molto indietro e la produzione industriale è più bassa".

"Sette milioni di italiane hanno subito violenze fisica o sessuale"
Sono quasi 7 milioni le donne tra i 16 e i 70 anni che hanno subito violenza fisica o sessuale nel corso della loro vita, pari al 31,9 per cento: circa 5 milioni hanno subito violenze sessuali (23,7 per cento), quasi 4 milioni violenze fisiche (18,8 per cento). L'analisi, effettuata dall'Istat e contenuta nel rapporto 'NoiItalia', a livello territoriale rivela una maggiore diffusione della violenza fisica e sessuale nel Nord e nel Centro Italia, mentre nel Mezzogiorno i valori sono quasi sempre inferiori al dato nazionale.

"Dieci italiani su cento vivono in condizioni di povertà"
Le famiglie in condizioni di povertà relativa sono il 10,8 per cento delle famiglie residenti; si tratta di 7,8 milioni di individui poveri, il 13,1 per cento della popolazione residente. Nel 2008, circa il 61 per cento delle famiglie residenti in Italia ha conseguito un reddito netto inferiore a quello medio (29.606 euro, circa 2.467 euro al mese). La distribuzione più diseguale si rileva in Sicilia, Campania, Lazio e Molise. L'incidenza delle persone che vivono in famiglie povere rappresenta un indicatore significativo per la valutazione dell'esclusione sociale. In generale, infatti, la povertà è fortemente associata alla struttura familiare, con riferimento sia alla sua dimensione sia alla sua composizione (ad esempio, la presenza di componenti anziani); a bassi livelli di istruzione; a lavori scarsamente qualificati e alla disoccupazione. Nel 2008, in Italia gli individui poveri sono poco piu' di 8 milioni e corrispondono al 13,6 per cento del complesso della popolazione. Si tratta di 2 milioni 737 mila famiglie, l'11,3 per cento del totale, con una spesa per consumi inferiore alla cosiddetta soglia o linea di povertà (999,67 euro).

"Imprese tra le peggiori in Ue"
Il livello di competitività delle imprese italiane è pari a circa 125,5 euro di valore aggiunto ogni 100 euro di costo unitario del lavoro. Il dato colloca il nostro Paese tra gli ultimi posti nella graduatoria europea ed è più basso di quello registrato nel 2001. In Italia si contano quasi 66 imprese ogni mille abitanti: valore tra i più elevati d'Europa, a testimonianza del prevalere delle imprese di ridotte dimensioni (2008). Il tasso di imprenditorialità - calcolato come rapporto tra numero di lavoratori indipendenti e totale dei lavoratori delle imprese - è pari al 31,3 per cento (2008), valore quasi triplo rispetto alla media europea.Anche se le specializzazioni settoriali dell'economia italiana sono simili a quelli della Germania, la composizione dimensionale è molto differente: in Germania, come in molte economie dell'Europa continentale, prevale la grande impresa, mentre in Italia le dimensioni produttive sono assai contenute.
Disabili, "130mila nelle scuole ma strutture poco accessibili"
Sono poco più di 130mila gli alunni con disabilità nelle scuole italiane ma, a fronte di un livello elevato di inserimento, l'ambiente risulta ancora poco accessibile. "L'integrazione degli alunni con disabilità nelle scuole primarie e secondarie di I grado, statali e non statali", relativa agli anni scolastici 2008/2009 e 2009/2010. Ad oltre trent'anni anni dall'emanazione della legge n. 577/77, che ha dato avvio al processo di integrazione dei ragazzi con disabilità nelle scuole pubbliche, si può affermare che i risultati conseguiti mostrano in Italia livelli elevati di inserimento. L'integrazione scolastica, però, è un concetto che va al di là del mero aumento di iscritti nelle scuole: il livello di integrazione, infatti, si misura anche attraverso informazioni che descrivono sia le risorse umane messe in campo sia la presenza di strutture scolastiche accessibili.

"Ogni famiglia spende oltre 1.100 euro per la sanità"
Ogni famiglia spende per curarsi oltre 1.100 euro l'anno, una spesa sanitaria pari all'1,9% del Pil. La spesa sanitaria pubblica ammonta a oltre 110 miliardi di euro (7,3 per cento del Pil) e supera i 1.800 euro annui per abitante (anno 2009). La spesa sanitaria pubblica italiana è molto inferiore a quella di altri importanti paesi europei come Francia e Germania. Le famiglie contribuiscono con proprie risorse alla spesa sanitaria complessiva per una quota pari al 21,3 per cento: la spesa sanitaria delle famiglie rappresenta l'1,9 per cento del Pil nazionale e ammonta a 1.178 euro per famiglia (anno 2008). L'Italia è tra i Paesi Ue quello con il maggior numero di medici in strutture sanitarie pubbliche e private sul totale della popolazione residente, quasi 410 ogni centomila abitanti (2009). Tra il 2002 e il 2007, in tutte le regioni si è verificata una convergenza dell'offerta di posti letto ospedalieri per abitante verso la media nazionale, scesa da 4,3 a 3,7 posti letto ogni mille abitanti. La mobilità ospedaliera fra regioni è un fenomeno rilevante. Il rapporto dedica spazio anche all'epidemiologia: i tumori e le malattie del sistema circolatorio, più frequenti nelle età adulte e senili, rappresentano le principali cause di ricovero sia in Italia, sia nel resto dell'Europa. Le malattie del sistema circolatorio rappresentano la principale causa di morte in quasi tutti i paesi dell'Ue. In Italia, il tasso standardizzato di mortalità per queste cause è pari a 32,6 decessi ogni diecimila abitanti, quello relativo ai tumori è pari a 26,6 decessi ogni diecimila abitanti, con valori maggiori negli uomini (36,8) rispetto alle donne (19,6). I tumori rappresentano in Italia e in Europa la seconda causa di morte (2007). Il fumo, l'alcol e l'obesità sono i principali fattori di rischio per la salute. In Italia, nel 2009, i fumatori rappresentano il 23 per cento della popolazione di 14 anni e più, i consumatori di alcol a rischio il 16,1 per cento, le persone obese il 10,3 per cento.

"Oltre un italiano su due non legge mai libri"
In Italia ogni anno vengono stampate in media 3,6 copie di opere librarie per ogni abitante, ma nell'arco di un anno meno del 47 per cento degli italiani legge almeno un libro nel tempo libero. E' quanto si legge nel rapporto "Noi Italia" 2011 dell'Istat. Poco più di un italiano su due (55 per cento) legge un quotidiano almeno una volta a settimana, uno su cinque utilizza Internet per leggere on-line o scaricare da Internet giornali, news o riviste. In generale, le famiglie italiane destinano ai consumi culturali (spese per ricreazione e cultura) in media il 6,8 per cento della spesa complessiva per consumi finali (anno 2008).
"Il rapporto debito/Pil è molto elevato"
Nel 2009 il rapporto debito/Pil è attestato al 116%, valore inferiore solamente a quello della Grecia. "Un rapporto debito/Pil elevato - si legge nell'analisi - determina un vincolo importante per le scelte di politica economica, obbligando a destinare un ammontare cospicuo di risorse pubbliche al servizio del debito per evitare un ulteriore aumento della sua incidenza; inoltre, esso spesso si riflette anche in un premio di rischio, ovvero nella necessità di corrispondere un tasso d'interesse comparativamente elevato sui titoli del debito". Nel 2009, spiega Istat, a fronte di un generalizzato peggioramento dei saldi e delle dinamiche dei conti pubblici dovuto al pieno manifestarsi della crisi economica, l'Italia si colloca al terzo posto tra i Paesi dell'Uem per surplus primario, mentre, relativamente all'incidenza dell'indebitamento netto, si colloca al sesto posto. Sempre nel 2009, la pubblica amministrazione italiana spende poco più di 13mila euro per abitante e si colloca all'undicesimo posto della graduatoria Ue27, poco al di sotto della Germania. L'ammontare di spesa pubblica attribuibile alle diverse regioni non può essere calcolato con esattezza; Istat ha quindi scelto di evidenziare la sola spesa statale per regione. Nel 2008, il Centro-Nord ha una spesa statale per abitante più elevata del 9,3% rispetto al Mezzogiorno.

(fonte tgcom.it)