mercoledì 25 maggio 2011

S&P rivede a negativo outlook 4 gruppi italiani

Rivisto rating per Intesa Sanpaolo, Mediobanca, Bnl e Findomestic

Dopo aver rivisto a 'negativo' l'outlook sul debito italiano, Standard & Poor's ha degradato allo stesso livello l'outlook per quattro banche italiane: Mediobanca, Bnl, Findomestic e Intesa SanPaolo. L'agenzia di rating che ha tagliato l'outlook anche sulle sussidiarie di Intesa, Imi, Biis e Cassa di Risparmio di Bologna, aggiunge che la revisione dell'outlook "riflette il fatto che la società dovrà tagliare i rating delle quattro banche nel caso avvenisse un declassamento del debito sovrano dell'Italia, visti i profili prevalentemente domestici dei loro business". Resta invece stabile l'outlook sui rating di Cariparma e Credito sportivo. Standard & Poor's ha anche tagliato l'outlook della Cassa Depositi e Prestiti a negativo, confermandone il rating ad 'A+' e 'A-1+'.

(fonte ansa.it)

CHRYSLER RIMBORSA GLI USA FIAT RAGGIUNGE QUOTA 46%

La Chrysler restituisce al governo degli Stati Uniti e a quello del Canada, con sei anni di anticipo, tutti i prestiti, pari a 7,6 miliardi di dollari, concessi nel 2009 quando il gruppo era uscito dalla bancarotta controllata. La Fiat può così perfezionare l'acquisto di un'ulteriore partecipazione del 16% raggiungendo quota 46%. L'obiettivo del controllo della casa di Detroit è sempre più vicino e sarà raggiunto entro l'anno.

A Piazza Affari i titoli del gruppo hanno un contraccolpo positivo: cresce del 2,6% Fiat e dell'1,54% Industrial, mentre Exor va su dell'1,43%. «Il rimborso è una pietra miliare per la svolta di Chrysler e per le comunità e le famiglie americane che dipendono dall'industria automobilistica», plaude da Londra il presidente americano Barack Obama, fautore dell'alleanza con Sergio Marchionne. «Abbiamo mantenuto la promessa di ripagare completamente i contribuenti statunitensi e canadesi», afferma soddisfatto l'amministratore delegato del Lingotto. E, in una appassionata lettera «alle persone della Fiat», Marchionne spiega che l'operazione Chrysler «è semplicemente un passaggio finanziario e tecnico», mentre si apre «un nuovo capitolo dell'alleanza» tra le due società. «Quello che conta adesso - afferma il manager italo canadese - è che possiamo imprimere un'accelerazione fondamentale al disegno di creare un costruttore di auto mondiale, determinato a posizionarsi tra i leader del settore. Il momento che stiamo vivendo non potrebbe essere più importante.

Ci troviamo alla vigilia di una svolta unica». Il rimborso del debito avviene in una cerimonia nello stabilimento di Sterling Heights, in collegamento via web con tutte le altre fabbriche Chrysler. Per il governo Usa sono presenti Ron Bloom, assistente di Obama per l'industria manifatturiera, e Brian Deese, vicedirettore del National Economic Council, entrambi del team che ha contribuito al salvataggio di Gm e Chrysler. Per salire al 51% Marchionne deve raggiungere l'ultimo obiettivo: la produzione negli Stati Uniti di una vettura basata su una piattaforma Fiat con prestazioni di almeno 40 miglia per gallone. Quasi simbolicamente è anche il giorno della presentazione a Torino della nuova Ypsilon, su cui la Lancia - il marchio di Fiat Group Automobiles in sinergia con Chrysler - punta per raddoppiare nel 2014 le vendite che quest'anno dovrebbero attestarsi a quota 120.000.

(fonte leggo.it)

lunedì 23 maggio 2011

CRISI, DALL'ISTAT DATI CHOC: "ITALIA INDIETRO DI 10 ANNI. 1 SU 4 A RISCHIO POVERTÀ"

In Italia «la crisi ha portato indietro le lancette della crescita di ben 35 trimestri, quasi dieci anni» e l'attuale «moderata ripresa» ne ha fatti recuperare 13. È quanto si legge nel rapporto annuale dell'Istat, in cui si sottolinea anche che nel decennio 2001-2010 l'Italia «ha realizzato la performance di crescita peggiore tra tutti i Paesi dell'Unione europea, con un tasso medio annuo di appena lo 0,2% contro l'1,3% registrato dall'Ue e l'1,1% dell'Uem».
L'Istat rileva in particolare negli anni «un graduale scollamento della performance italiana rispetto alle altre maggiori economie dell'Unione che è divenuto più evidente nella fase di ripresa 2006-2007 e si è aggravato con la crisi». Inoltre, si legge ancora nel rapporto, «per la sua vocazione produttiva e gli scarsi margini di manovra della finanza pubblica il nostro Paese ha subito la crisi in maniera comparativamente forte e stentato nella successiva ripresa: nel 2010 il livello del pil è risultato ancora inferiore di 5,3 punti percentuali rispetto a quello raggiunto nel 2007, mentre il divario da colmare è del 3,7% nel Regno Unito, del 3% in Spagna e di appena lo 0,8% e lo 0,3% in Francia e in Germania».
Tracciando il bilancio della crisi, i tecnici dell'Istat spiegano che «lo stock delle imprese si è ridotto di 43 mila unità, per 363 mila addetti». Tornando ad oggi, aggiungono con riferimento agli ultimi dati sul Pil, «la crescita nel primo trimestre è ancora molto lenta» e «in generale si riapre il divario con l'Europa». Anche per quanto riguarda la produttività del lavoro il recupero non basta a riconquistare il terreno perso, «siamo ai livelli del 2000», avvertono i tecnici dell'Istituto. Inoltre, il rapporto fa notare che «il principale fattore trainante per la ripresa è stata la domanda estera, che comunque era anche stata la componente che aveva guidato la caduta nel corso della recessione».
Tuttavia, si legge nel volume, «dopo aver agito da traino nella fase di recupero dell'attività industriale, la componete estera della domanda ha però assunto nel periodo più recente un ruolo frenante: il fatturato realizzato sui mercato esteri, che era in fortissima crescita sino al terzo trimestre, ha registrato nel quarto trimestre del 2010 e ancora all'inizio del 2011 un'evoluzione assai modesta, mentre quello relativo alla componente nazionale ha mantenuto una dinamica più moderata, ma persistentemente positiva».
Guardando sempre all'estero, i tecnici dell'Istat evidenziano che «le piccole e medie imprese hanno reagito meglio sia nella fase recessiva che, e sopratutto, in quella espansiva, mostrando la capacità di riposizionarsi sui mercati internazionali. Mentre le grandi imprese rappresentano il segmento più in difficoltà specialmente nei mercati europei».

UN QUARTO DEGLI ITALIANI A RISCHIO POVERTA' Circa un quarto degli italiani (il 24,7% della popolazione, più o meno 15 milioni) «sperimenta il rischio di povertà o di esclusione sociale». Si tratta di un valore - rileva l'Istat nel rapporto annuale presentato oggi - superiore alla media Ue che è del 23,1%. Il rischio povertà riguarda circa 7,5 milioni di individui (12,5% della popolazione).
Mentre 1,7 milione di persone (2,9%) si trova in condizione di grave deprivazione si trova 1,7 milione (2,9%) e 1,8 milione (3%) in un'intensità lavorativa molto bassa. Si trovano in quest'ultima condizione l'8,8% delle persone con meno di 60 anni (6,6% contro il valore medio del 9%). Solo l'1% della popolazione (circa 611 mila individui) vive in una famiglia contemporaneamente a rischio di povertà, deprivata e a intensità di lavoro molto bassa.
Nelle regioni meridionali, dove risiede circa un terzo degli italiani, vive il 57% delle persone a rischio povertà (8,5 milioni) e il 77% di quelle che convivono sia col rischio, sia con la deprivazione sia con intensità di lavoro molto bassa (469 mila).

MEZZO MILIONE DI GIOVANI HA PERSO IL LAVORO «In Italia l'impatto della crisi sull'occupazione è stato pesante. Nel biennio 2009-2010 il numero di occupati è diminuito di 532 mila unità». I più colpiti sono stati i giovani tra i 15 e i 29 anni, fascia d'età in cui si registrano 501 mila occupati in meno. È quanto emerge dal rapporto annuale 2010 dell'Istat.
L'oltre mezzo milioni di occupati in meno (-2,3%) in due anni è, quindi, il risultato di una perdita di 501 mila posti tra gli under 30 (-13,2%), di un calo dei 322 mila unità nella fascia d'età compresa tra i 30 e i 49 anni (-2,3%) e di un aumento di 291 mila occupati tra gli over-50 (+5,2%). Analizzando più da vicino i dati, l'Istat fa notare che «nel biennio la discesa della domanda di lavoro maschile (-3,1%, pari a -430 mila unità) ha pressochè dimezzato la crescita intervenuta tra il 2000 e il 2008; la flessione dell'occupazione femminile ha interrotto (-1,1%, pari a -103 mila unità) ha interrotto il precedente incremento della partecipazione al mercato del lavoro».
Più in particolare, spiega l'Istituto, nella media del 2010, «la contrazione occupazionale si è concentrata nella componente maschile, il cui livello è di poco superiore a quello toccato nel 2005». Guardando ai diversi settori, si sottolinea nel rapporto, «la perdita di manodopera industriale (-404 mila unità nel 2009-2010) ha contribuito per i tre quarti alla caduta di domanda totale nel biennio».

ITALIA SOTTO I BIG UE Le famiglie italiane, per salvaguardare il livello dei consumi, hanno progressivamente eroso il loro tasso di risparmio, «sceso per la prima volta al di sotto di quello delle altre grandi economie dell'Uem», ovvero dell'eurozona. È quanto emerge da rapporto annuale 2010 dell'Istat, dove, inoltre, si sottolinea che lo scorso anno la propensione al risparmio delle famiglie si è attestata aL 9,1%, «il valore più basso dal 1990».
Nel 2010, evidenzia l'istituto di statistica, il reddito disponibile delle famiglie è tornato a crescere (+1%), dopo la flessione del 3,1% del 2009. Tuttavia, considerando l'inflazione, il loro potere d'acquisto ha subito una riduzione dello 0,5% rispetto al 2009, anno in cui era stato già registrato un consistente calo del 3,1%. Anche la spesa per consumi, dopo la flessione dell'1,8% del 2009, ha ripreso a crescere, aumentando del 2,5% in termini nominali e dell'1% in quantità.
La dinamica dei consumi, più sostenuta rispetto a quella del reddito, ha dunque ulteriormente ridotto il risparmio, diminuito in valore assoluto del 12,1% nel 2010 rispetto al 2009, quando si era già avuta una riduzione del 12,6%.

(fonte leggo.it)

CRISI, S&P BOCCIA L'ITALIA. TREMONTI: PARALISI ESCLUSA

L'agenzia Standard & Poor's ha tagliato l'outlook dell'Italia da stabile a negativo, confermando il rating A+ al debito a lungo termine. E' quanto si legge in una nota, i della società, che realizza ricerche finanziarie e analisi su titoli azionari e obbligazioni,in cui si sottolinea che ''le attuali prospettive di crescita sono deboli e l'impegno politico per riforme che aumentino la produttività sembra incerto''. Allo stesso tempo, spiega S&P's in una nota diffusa nella notte in cui ha confermato anche il rating A-1+ al debito a breve, «il potenziale ingorgo politico potrebbe contribuire ad un rilassamento nella gestione del debito pubblico. Come risultato, crediamo che le prospettive dell'Italia per ridurre il debito pubblico siano diminuite». L'outlook negativo sull'Italia riflette «la previsione di S&P's dei rischi collegati al piano di riduzione del debito nel periodo 2011-2014 e implica una possibilità su tre che i rating possano essere ridotti nei prossimi 24 mesi». Secondo l'agenzia, «i rischi sono connessi alla crescita dell'economia più debole delle nostre attuali stime, che prevedono un +1,3% nel periodo 2011-2014». Per questo motivo, «il debito dell'Italia potrebbe ristagnare agli attuali alti livelli». D'altro canto, avverte comunque l'agenzia, «se il governo riesce ad ottenere sostegno politico per l'attuazione di riforme strutturali a favore della competitività, ponendo le basi per una crescita economia più elevata ed una più veloce riduzione del debito, i rating potrebbero rimanere al livello attuale»

S&P: "RIFORME INSUFFICIENTI" Standard & Poor's ritiene che «le misure strutturali attuate nel 2010 e quelle contenute nel Piano Nazionale di Riforma recentemente aggiornato non siano sufficienti a stimolare la crescita economica nel medio termine». Inoltre, secondo quanto si legge nel comunicato dell'agenzia di rating, «la crescente fragilità dell'attuale coalizione di governo renda più impegnativa la tempestiva attuazione delle riforme strutturali più significative che favoriscono la crescita». Se la debole crescita economica dovesse persistere, secondo S&P's il risultato di bilancio «probabilmente non raggiungerà in modo significativo gli obiettivi del governo e quindi farà deragliare il piano di riduzione del debito contenuto nel Programma di Crescita e Stabilità». Nel lungo termine, S&P's ritiene che le prospettive di crescita potrebbero ulteriormente diminuire a causa dello sfavorevole profilo demografico in Italia. Il costo legato agli interessi sul debito pubblico italiano - rileva S&P - è pari a oltre il 10% delle entrate pubbliche nel 2011, superiore del 7,5%, al livello mediano della categoria di rating 'À e previsto in ulteriore aumento. Gli interessi passivi riflettono l'impatto dell'elevato indebitamento pubblico sulle finanze italiane. La posizione netta sull'estero delle aziende italiane (compresi gli investimenti diretti esteri e il patrimonio netto) è pari al 42% del PIL, equivalente al doppio della posizione debitoria netta sull'estero del settore finanziario. Tuttavia, la posizione debitoria netta sull'estero del settore pubblico è pari a 782 miliardi di euro (50% del PIL).

IMPATTO NEGATIVO SULLE POSTE La revisione dell'outlook sul rating sovrano dell'Italia da stabile a negativo «potrebbe avere un impatto negativo sul merito di credito di Poste Italiane (A/Stable/A-1) che il governo italiano possiede interamente». È quanto aggiunge in una nota l'agenzia di rating promettendo a breve la pubblicazione di un'analisi più dettagliata di tutti gli impatti che avrà l'azione annunciata oggi. Il cambio di prospettiva «potrebbe avere un impatto negativo sul merito di credito dei governi locali e regionali italiani (LRGs) che abbiano lo stesso rating di quello sovrano, in particolare: Provincia di Ancona (A + / Stable/--) - elenga S&P - Città di Bologna (A + / Stable/--); Provincia di Mantova (A + / Stable/--); Regione Marche (A + / Stable/--); Provincia di Roma (A + / Stable/--); Regione Sicilia (A + / Stable/--); Regione Emilia-Romagna (A + / Stable/--); Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia (A + / Stable/--); Città di Genova (A + / Stable/--); Regione Liguria (A + / Stable/--); Città di Lucca (A + / Stable/--); Regione Umbria (A + / Stable/--) .

IMPATTO NEGATIVO SU INTESA E MEDIOBANCA Il cambiamento di prospettiva da parte di S&P's da stabile a negativa per il rating italiano «potrebbe avere un impatto negativo sul merito di credito di alcune delle banche italiane» tra cui Intesa Sanpaolo e Mediobanca. Lo scrive in una nota l'agenzia di rating. S&P's pubblicherà un'analisi più dettagliata di ogni impatto che l'azione sul rating sovrano avrà su queste banche, e il ritardo spiega l'agenzia è dovuto alla necessità di rispettare i regolamenti Ue. L'impatto secondo S&P ci sarà su quegli istituti che hanno attualmente lo stesso rating o uno superiore a quello sovrano, in particolare: Intesa Sanpaolo e le sue principali controllate Banca IMI, Cassa di Risparmio Bologna e Banca Infrastrutture Innovazione e Sviluppo (BIIS)(A + / Stable/A-1); Mediobanca (A + / Stable/A-1); Findomestic Banca (A + / Stable/A-1) e Banca Nazionale del Lavoro SpA (AA-/Stable/A-1 +). Secondo S&P's, comunque, il settore bancario italiano nel suo complesso si è recentemente «rafforzato» grazie agli aumenti di capitale e «si trova in una posizione finanziaria più forte di quanto non fosse sei mesi fa». Per l'agenzia di rating, quindi, non sarà necessario per il governo fornire «assistenza diretta al sistema bancario italiano nel breve periodo» al contrario, «la maggior parte dei Tremonti Bond saranno rimborsati quest'anno». A vantaggio della posizione italiana hanno giocato anche «i solidi bilanci delle famiglie e delle aziende» che hanno consentito al governo di finanziarsi a «tassi storicamente bassi»: S&P si attende che questi tassi bassi potrebbero facilitare un consolidamento fiscale più graduale rispetto ad altri paesi dell'Europa meridionale

TREMONTI: "PARALISI ESCLUSA" «L'unico elemento nuovo, pare costituito dal rischio di una possibile 'paralisì politica. (political gridlock). Questa è da escludere in assoluto». È quanto si legge nella nota del Ministero dell'Economia, guidato da Giulio Tremonti, a commento della decisione di S&P's di tagliare l'outlook dell'Italia

TREMONTI: "LITALIA RISPETTA GLI IMPEGNI"
«L'Italia rispetterà i suoi impegni». È quanto afferma in una nota il Ministero dell'Economia che, in relazione al declassamento di Standard&Poor's, sostiene: «le valutazioni espresse e confermate nei giorni scorsi dalle principali organizzazioni internazionali sono molto diverse da quelle espresse oggi da Standard & Poor's». Inoltre i dati della crescita economica e del bilancio pubblico «sono stati costantemente migliori del previsto».

(fonte leggo.it)