giovedì 24 marzo 2011

SPARISCE TASSA SUL CINEMA, MA AUMENTA PREZZO BENZINA

Sparisce la tassa sul cinema, ma aumenta il prezzo della benzina. Il reintegro del Fus, il Fondo unico per lo spettacolo, con 149 miloni e tax credit «stabile e permanente», costerà carissimo agli italiani. Per finanziare il Fus e per cancellare, infatti, la contestata tassa di 1 euro sui biglietti del cinema, il governo ha deciso di aumentare l'accisa sui carburanti di 1-2 centesimi. La misura è stata annunciata dal sottosegretario Gianni Letta, durante una conferenza stampa a Palazzo Chigi.
«Abbiamo abolito l'aumento di un euro sui biglietti e finanziato stabilmente la tax credit, con risorse che derivano dalle accise sulla benzina: un piccolo sacrificio di uno o due centesimi, che tutti gli italiani saranno lieti di poter fare», ha detto Letta, spiegando che per il Fus «ritorna ai livello dell'anno scorso con 438 milioni, anzi qualcosa di più». Vengono stanziati «149 milioni di reintegro per lo spettacolo, 80 milioni per la conservazione dei beni culturali, 7 milioni per gli istituti culturali».

L'ACCISA L'accisa è l'imposta di fabbricazione sui carburanti che, insieme all'Iva, pesa per circa la metà sul prezzo di benzina e diesel. Il prezzo al consumo dei carburanti è infatti sostanzialmente la somma di due componenti: la prima è quella fiscale, la seconda quella industriale (materia prima e margine lordo delle compagnie petrolifere). La componente fiscale è costituita a sua volta da due elementi. Il primo è proprio l'accisa che attualmente nel nostro Paese è di 0,564 euro al litro per la benzina senza piombo, di 0,423 euro al litro per il gasolio e di 0,125 euro al litro per il gpl. Il secondo elemento è l'Iva, che si applica, nella misura del 20%, sia alla componente industriale che all'accisa. Se prendiamo a riferimento i due principali carburanti, la componente fiscale pesa per oltre la metà del prezzo alla pompa per la benzina senza piombo (circa 53%) e poco meno della metà per il gasolio auto (46% circa). Secondo quanto più volte ricordato dall'Adiconsum, il primo aumento dell'accisa risale addirittura alla guerra in Etiopia del 1935 (1,90 lire). Nel 1956 fu la volta della crisi di Suez (14 lire), seguito da altre 10 lire per il finanziamento del disastro del Vajont del 1963 e da altrettante 10 lire per l'alluvione di Firenze del 1966. Tra il 1968 e il 1980 fu fatta leva ancora sulle accise per far fronte alle emergenze terremoti (10 lire per il Belice del 1968; 99 lire per il Friuli del 1976; 75 lire per l'Irpinia del 1980). Nel 1983 toccò alla guerra in Libano (205 lire), mentre nel '96 per il finanziamento della missione in Bosnia Erzegovina del furono applicate altre 22 lire. L'ultimo rincaro, almeno fino a quello annunciato oggi, risale al 2004: 0,020 euro per il rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri.

REINTEGRATO IL FUS Un salvagente con 236 milioni di euro per spettacolo, tutela del patrimonio, istituti culturali, che viene garantito anche per i prossimi anni - sganciato quindi dalla legge finanziaria - grazie al finanziamento che arriva da una nuova accisa sulla benzina. Ma anche la restituzione dei 70 milioni di euro che erano stati congelati dalla legge di stabilità, oltre a 90 milioni per il tax credit - anche questi provenienti dall'accisa sulla benzina e quindi garantiti anche per i prossimi anni - e all'autorizzazione per nuove assunzioni, per il 2011 e non solo. Seppure minimamente limato rispetto alle esigenze che erano state sottolineate dal ministero (un documento preparato dagli uffici di via del collegio romano contava un totale di circa 400 milioni, la somma finale arriva a 396) il reintegro arrivato oggi con il decreto varato dal governo consente un deciso respiro di sollievo per il finanziamento pubblico alla cultura, salvando il ministero da oggi affidato a Giancarlo Galan da una bancarotta ormai annunciata.
Di seguito le cifre:
FUS: a rimpinguare le casse del Fondo Unico per lo Spettacolo ridotto nel 2011 a 258 milioni di euro, arrivano 149 milioni ricavati dalla nuova accise sulla benzina, ai quali vanno aggiunti i 27 milioni che erano stati congelati per effetto della legge di stabilità. In totale quindi 434 milioni, ai quali si aggiungono circa 90 milioni di risorse per il Tax Credit - ovvero le agevolazioni fiscali per il cinema- che da oggi diventa una misura definitiva. Lo sganciamento dalla legge finanziaria garantisce l'arrivo di 149 milioni l'anno per sempre in aggiunta alla base Fus che per il 2012 è di 262 milioni e per il 2013 di 264 milioni.
TUTELA PATRIMONIO: per la tutela del patrimonio, il documento preparato dagli uffici del ministero dei beni culturali contava una esigenza di 'non meno di 200 milioni di eurò. Dal decreto varato oggi arrivano 80 milioni l'anno ai quali bisogna aggiungere la restituzione di 50 milioni che erano stati congelati dalla legge di stabilità. Nonchè, particolarmente importante anche dal punto di vista dei conti la norma che consente nuove assunzioni a Pompei (30 nel 2011) ma anche di rimpinguare sostanziosamente l'organico del ministero con altre 170 assunzioni in tutta Italia e poi di garantire il turn over anche negli anni successivi. Questa norma in particolare, contano al ministero, dovrebbe permettere, nel giro di 4-5 anni, di rimpinguare gli organici da anni depotenziati del mibac.
ISTITUTI CULTURALI: per gli istituti culturali, decurtati dal super taglio dalla manovra anticrisi dell'estate scorsa, arrivano 7 milioni di euro.

ADOC: MISURA ASSURDA L'aumento delle accise sulla benzina per sostenere il settore dello spettacolo è «un provvedimento assurdo e gravoso per i consumatori, che a causa dei rincari hanno già subito un danno di 300 euro». Lo afferma l'Adoc, commentando la decisione del consiglio dei ministri. La misura, afferma l'associazione dei consumatori, «è in palese contraddizione con quanto espresso durante la riunione di ieri con il ministro Romani, dove si è discusso di intervenire su Iva e accise in modo da ridurre i prezzi dei carburanti. Invece di imporre nuove tasse, dovrebbero essere tagliate di 8 centesimi le attuali accise, per riportare il costo della benzina nella media europea». Secondo i calcoli dell'Adoc, l'aumento dei carburanti registrato in questi mesi «ha già costituito un oneroso aggravio per le famiglie, pari a circa 300 euro, ed è alla base di un potenziale rincaro dei prezzi dei prodotti trasportati, che si traduce in un'impennata dell'inflazione. Crediamo che una politica sui carburanti debba essere decisa in maniera strategica e non deve diventare uno strumento per risolvere i problemi, seppure gravi, di altri settori come lo spettacolo. Questo bene, già particolarmente costoso, non può essere utilizzato come forma di finanziamento».

CODACONS: E' UNA FOLLIA La decisione di introdurre un aumento della accise da 1 o 2 centesimi sulla benzina è «una follia». Lo afferma il Codacons commentando in una nota l'annuncio del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta. «Il Governo ha pensato di eliminare un provvedimento sbagliato, ossia la tassa da 1 euro sul biglietto del cinema, introducendo una misura ancor più sbagliata, ossia un incremento delle accise da 1 o 2 centesimi di euro sulla benzina. - spiega il Codacons - Considerati i prezzi attuali dei carburanti, giunti alle stelle, e la frequenza con cui un cittadino fa rifornimento, si capisce chiaramente come il sacrificio richiesto agli utenti sia tutt'altro che piccolo, e nessun italiano sarà lieto di dare il proprio contributo. Oltretutto - prosegue l'associazione - un rincaro della benzina, seppur minimo, rischia di avere ripercussioni sul tasso di inflazione, con danni enormi per la collettività».

(fonte leggo.it)

mercoledì 23 marzo 2011

IL LATTE DIVENTA FRANCESE: PARMALAT PASSA A LACTALIS

Parmalat parlerà francese. Il colosso Lactalis, entrato in forze la scorsa settimana nell'azienda di Collecchio, ha acquistato il 15,3% del capitale dai fondi esteri Zenit, Skagen e Mackenzie staccando un assegno di 750 milioni di euro e si è portato a quota 29%, a ridosso della soglia d'Opa. Alla prossima assemblea del 12, 13 e 14 aprile i Besnier, proprietari della multinazionale dei formaggi, hanno ora i numeri per conquistare la maggioranza nel consiglio di amministrazione, almeno sei posti su undici. La loro lista, presentata venerdì scorso, è guidata dal presidente di Lactalis Italia, Antonio Sala, e tra i candidati compare Franco Tatò, che potrebbe ambire al ruolo di presidente, mentre la carica di amministratore delegato, oggi di Enrico Bondi, andrà con più probabilità a uno dei manager del colosso transalpino. Il risanatore del gruppo, dopo il crac del 2003, non è infatti disponibile a mantenere ruoli operativi sotto Lactalis, che avrebbe peraltro provato a proporgli di rimanere come a.d. Del resto Bondi coi francesi non ha mai avuto grande feeling: dieci anni fa, da amministratore delegato in Montedison (ora Edison), si era trovato sotto l'assedio di Edf. Per la borsa la partita è chiusa. Il titolo, già in frenata ieri, ha fatto un capitombolo del 7% a 2,29 euro lontano dai 2,8 euro per azione pagati ai tre fondi dai francesi che, se si considerano anche i titoli rastrellati la scorsa settimana in borsa (ipotizzando un prezzo medio di circa 2,5 euro), hanno sborsato in tutto oltre 1,3 miliardi per mettere insieme il 29% di Parmalat. Poco meno del 'tesorettò accumulato dall'azienda italiana con le transazioni con le banche responsabili del crac. Velocità e soldi, sono gli ingredienti di Lactalis finora mancati alla mai nata cordata italiana, tanto che i fondi, nello spiegare il loro disimpegno, hanno indicato di essere stati avvicinati anche da altri soggetti ma di aver ricevuto un'offerta solo dalla multinazionale d'Oltralpe. Sulle mosse di quest'ultima la Consob vigila per verificare l'eventuale superamento della soglia del 30%, oltre la quale scatta l'obbligo di lanciare un'Opa. Ferrero intanto ribadisce di essere «interessata se matureranno le condizioni» e Granarolo è pronta a mettere asset in un progetto industriale. L'azienda bolognese è partecipata al 19,7% da Intesa Sanpaolo, la banca socia al 2,4% di Collecchio promotrice di un lista con il nome di Bondi per il rinnovo del board di Parmalat. «Speriamo che non sia ancora troppo tardi» per una cordata italiana, ha affermato il presidente di Granarolo, Gianpiero Calzolari, ma «bisogna vedere se le banche da una parte e il governo dall'altra possono ancora fare qualcosa». «Non escludo che nei prossimi giorni ci saranno incontri tra Intesa Sanpaolo e il governo», ha proseguito, per valutare un intervento «o anche per mettere la parola fine».

(fonte leggo.it)

martedì 22 marzo 2011

Draghi, no piu' tasse, vessano onesti

Aliquote andrebbero ridotte mano a mano che si combatte evasione

''Aumentare le aliquote fiscali e' fuori discussione: comprometterebbe l'obiettivo della crescita, sottoporrebbe i contribuenti onesti a una insopportabile vessazione''. Lo ha detto il Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi secondo il quale ''le aliquote andrebbero piuttosto diminuite, man mano che si recuperano evasione ed elusione''.

Draghi ha anche sostenuto che senza l'Euro ''alcuni paesi, incluso il nostro, potevano essere travolti dalla crisi''.

(fonte ansa.it)

lunedì 21 marzo 2011

PARMALAT, ECCO LA FERRERO. ASSE ITALIA CONTRO LACTALIS

La Ferrero è pronta a scendere in campo per Parmalat se matureranno le condizioni per farlo. All'indomani del blitz della francese Lactalis nel capitale dell'azienda di Collecchio, l'interesse del gruppo della Nutella segna una svolta nella corsa contro il tempo per il controllo dell'azienda alimentare, mentre il governo corre ai ripari e si leva un coro di voci a difesa dell'italianità del gruppo. Per la società di Alba Parmalat è sicuramente un'impresa di rilevanza strategica per l'economia italiana, e Ferrero guarda con interesse a possibili soluzioni a rilevanza industriale di lungo periodo e di matrice italiana, ha appreso l'ANSA in ambienti vicini al gruppo. Una presa di posizione importante, alla quale tuttavia occorrerà dare seguito con un progetto industriale cui Intesa Sanpaolo sta lavorando. Proprio la banca guidata da Corrado Passera, azionista col 2,15%, nell'ultimo giorno utile per presentare le liste per il rinnovo del board di Parmalat ha messo sul tavolo un elenco di big: dietro all'attuale a.d. Enrico Bondi, i cui poteri potrebbero tuttavia venir ridimensionati (si parla di una presidenza esecutiva), compaiono tra gli altri Luigi Gubitosi (amministratore delegato di Wind), Roberto Meneguzzo (a.d. di Palladio), Patrizia Grieco (a.d. di Olivetti), Elio Catania (numero uno di Atm), Giuseppe Recchi (presidente GE Italia). I fondi esteri Mackenzie, Skagen e Zenit (soci al 15,3%), scesi in campo per mandare a casa Bondi, hanno confermato la candidatura di Rainer Masera alla presidenza e di Massimo Rossi come vicepresidente in attesa di individuare un a.d. di peso. Quest'ultimo, preso in contropiede dall'irruzione di Lactalis, diventata in pochi giorni primo azionista di Parmalat con una partecipazione potenziale del 14,28% e pronta a salire ancora, ha teso la mano a Intesa per unire le forze ed evitare che l'azienda «diventi una filiale di Lactalis». E, da quanto si è appreso, c'è attenzione della banca verso la proposta. I francesi, presenti in Italia con marchi come Galbani, Mio e Invernizzi, hanno schierato per il nuovo board i loro manager: capofila è il presidente di Lactalis Italia, Antonio Sala, e nella lista in cui compare anche il nome di peso come Franco Tatò, oggi alla guida della Treccani, figurano il presidente del direttivo del gruppo transalpino Daniel Jaouen, il direttore finanziario Olivier Savary e l'ex numero uno di Galbani Marco Jesi. Assogestioni (2,28%) ha puntato invece sull'a.d di Lavazza Gaetano Mele. Intanto, in vista dell'assemblea del 14 aprile, prosegue il rastrellamento in Borsa del titolo (+4%), con altro 6% passato di mano che porta a oltre il 25% la quota scambiata in quattro sedute. E la reazione all'assalto di Lactalis è unanime: «ci stanno portando via l'industria nazionale», ha detto il segretario del Pd, Pierluigi Bersani. «Non possiamo essere solo prede», ha commentato la presidente di Confindustria, Emma Marcecaglia, mentre il numero uno della Cisl, Raffaele Bonanni, ha detto di vedere «rischi per i lavoratori e per il Paese», e il segretario generale della Cgil Susanna Camusso ha sottolineato che « bisognerebbe avere un'idea di politica industriale di intervento e di finanziamento».

(fonte leggo.it)

GIAPPONE, 3 ITALIANI SU 4 NON CAMBIANO IL LORO MENÙ

Il 75% degli italiani non cambia menu. Tre su quattro affermano di non voler cambiare abitudini alimentari dopo l'emergenza terremoto che ha colpito il Giappone e la paura legata al rischio di contaminazione nucleare per pesce, frutta, verdura e carne di provenienza nipponica. È quanto emerge da un sondaggio condotto dalla Federcoopesca-Confcooperative, che rileva come i consumatori, al momento, si sentano rassicurati puntando su produzioni made in Italy certificate, acquistando direttamente presso produttori, pescatori o commercianti di fiducia. A preoccupare di più, invece, secondo il sondaggio, è la situazione in Libia e il rischio di ulteriori impennate del prezzo del carburante. Un italiano su due è convinto che il proprio trend di vita sarà condizionato nel breve termine dalle oscillazioni del costo di gasolio e benzina. Timori che si fanno sentire maggiormente per quei mestieri, come la pesca, dove il costo del carburante incide fortemente sulla gestione dell'attività. Ad essere più preoccupati dall'aumento del 32%, registrato nell'ultimo anno, in particolare, sono gli operatori dello strascico che oggi, ad esempio, con un peschereccio medio da 500 cavalli, spendono per una battuta di pesca di 12 ore, 164 euro in più rispetto ad un anno fa.

(fonte leggo.it)