mercoledì 24 novembre 2010

CRISI IRLANDA, BORSE KO: L'EURO SCENDE SOTTO 1,34 $

È allarme sull'euro: a lanciarlo è il cancelliere tedesco Angela Merkel, che parla di una situazione «eccezionalmente seria» per la moneta europea e manda a picco le quotazioni già deboli della divisa unica. «Non voglio dipingere una situazione drammatica, ma semplicemente dire che un anno fa non avremmo potuto immaginare il dibattito che c'è stato in primavera e le misure che abbiamo dovuto prendere», ha detto la Merkel parlando a Berlino. «Ci troviamo di fronte a una situazione eccezionalmente seria per quanto riguarda la situazione dell'euro». A farle eco è il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble: «è in gioco l'euro», dice il ministro delle Finanze tedesco a un giorno di distanza dalle dichiarazioni rassicuranti del presidente della Banca centrale europea Jean-Claude Trichet che ieri aveva detto l'esatto contrario: «non è in gioco l'euro». Le parole arrivate da Berlino sembrano mettere in dubbio la tenuta dei Sedici e si sommano all'incertezza politica in Irlanda, dove il governo che dovrebbe imporre l'austerity e presentare domani la finanziaria 2011, e che è impegnato nei negoziati con l'Ue e il Fmi per il prestito d'emergenza, barcolla sull'orlo delle dimissioni. E al mix micidiale si somma l'effetto-panico innescato stamani dallo scambio di fuoco fra le due coree. Il risultato è che l'euro è precipitato di oltre due centesimi sotto gli 1,34 dollari, ai minimi da fine settembre. Euro giù anche sullo yen, a 111,30 da 113,55 di ieri. Ed è una giornata da dimenticare anche per le borse: le piazze europee segnano pesanti perdite appesantite Dublino (sopra il 3%), dove le banche protagoniste della crisi colano a picco: Bank of Ireland e Allied Irish sono arrivate a perdere circa il 20% mentre dalla banca centrale arriva un invito ai compratori esteri. Mentre il governo tedesco sembra far di tutto per incrinare la fiducia de mercati, la speculazione sembra aver deciso di scommettere su un contagio verso i Paesi ad alto deficit del Sud-Europa: a partire da Portogallo e Spagna. I 'credit-default swap', i derivati con cui ci si assicura (e si scommette) sul rischio d'insolvenza del credito sovrano, continuano a salire per i Paesi dell'area ad alto deficit: l'Irlanda è a 561 (+7,5 punti), la Grecia a 1.041, il Portogallo a 469 e la Spagna a 295. Proprio la Spagna, oggi, ha dovuto accontentarsi di collocare solo 3,3 miliardi di titoli (contando di arrivare fino a quattro) al costo di rendimenti quasi raddoppiati in un mese. I premi di rischio sui titoli decennali spagnoli (rispetto al bund tedesco) hanno segnato il massimo storico a 225 punti base, trascinando al rialzo Irlanda (a 593 punti), Portogallo (a 442), Grecia (944) e Italia (169).

IRLANDA, SALE PRESSING SU COWEN L'appello all'unità nell'interesse nazionale non è servito a salvare la pelle politica di Brian Cowen: il premier irlandese rischia la sfiducia in parlamento mentre gli uomini del suo partito ammettono di non sapere quanti deputati del Fianna Fail voteranno contro il suo piano di austerity. C'è una mozione di sfiducia già sul tavolo, presentata dai quattro irredentisti del Sinn Fein che vogliono andare al dibattito al più presto possibile anche per capitalizzare su una elezione suppletiva dopodomani in un collegio del nord ovest che li vede favoriti. Ma soprattutto ci sono i deputati del partito di Cowen che uno dopo l'altro si stanno schierando contro di lui, che vogliono che lasci il potere subito dopo la presentazione del budget il 7 dicembre perchè la sua credibilità «è in pezzi» dopo che il governo ha accettato il piano di salvataggio internazionale ad 90 miliardi di euro. Domani Cowen presenta il piano di austerity quadriennale da 15 miliardi di euro, una manovra draconiana in 150 pagine fatta per due terzi di tagli e un terzo di tasse per far scendere il deficit dal 32 per cento del Pil quest'anno al 3 per cento nel 2014. Una stangata impopolare contro cui i sindacati scenderanno in piazza sabato, e già sono previste decine di migliaia di adesioni. Nel frattempo gli alleati Verdi hanno ribadito oggi che l'elettorato si sente «tradito» e adesso ha bisogno di «certezze politiche». Il Green Party ha accettato di sostenere Cowen fintanto che continuano i negoziati con Ue e Fmi ma non oltre e vuole elezioni anticipate nella seconda metà di gennaio: «Abbiamo raggiunto un punto in cui gli irlandesi hanno bisogno di certezze politiche che li portino oltre i prossimi due mesi», ha detto il segretario 'verdè John Gormley. Accusato oggi in parlamento di «restare aggrappato al potere», Conway non ne vuole sapere. Nel suo calendario, se si deve votare, non sarà prima di fine febbraio o marzo. Ma mentre Bruxelles fa sapere che preferirebbe una data più ravvicinata del sette dicembre per al presentazione del budget 2011, anche il Fianna Fail freme per un veloce cambio della guardia. Ha alimentato la fronda Mary ÒRourke, una veterana del partito e la matriarca di una delle dinastie politiche del paese (è la zia del ministro delle finanze Brian Lenihan) chiedendo un vertice del partito a gennaio per discutere la questione della leadership e le elezioni. Oggi intanto, mentre l'euro proseguiva la picchiata contro il dollaro e mentre in provincia veniva vandalizzato con vetri rotti e la scritta 'Traditorì l'ufficio del ministro dei trasporti Noel Dempsey, Cowen ha messo gli ultimi ritocchi all'austerity. Tagli al salario minimo e ai sussidi di disoccupazione come raccomandato dall'Fmi, 20 mila esodi volontari dal pubblico impiego, ma anche una nuova imposta sugli immobili e un aumento delle tasse sul reddito sarebbero il perno della manovra quadriennale (6 miliardi di risparmi nel 2011 rientreranno nel budget presentato il 7 dicembre da Lenihan) necessaria per uscire dalla crisi e incassare l'assegno della Ue e dell'Fmi. È una scommessa mirata a salvare le banche e a non toccare la fiscalità agevolata per le imprese (12,5%) per non fare scappare quelle multinazionali che grazie alle tasse basse (sempre osteggiate da Francia e Germania) hanno scelto l'ex Tigre Celtica per costruire i loro impianti.

OBAMA: FARE DI PIU' La Federal Reserve taglia le stime di crescita per il 2010 e il 2011 dell'economia americana, e si aspetta un peggioramento del mercato del lavoro rispetto a quanto ipotizzato a giugno, con un tasso di disoccupazione ancorato al 9% anche lungo il prossimo anno. «Dobbiamo fare di più per accelerare ancora la crescita e la creazione di posti di posti di lavoro» dice il presidente Usa Barack Obama impegnato a riconquistare la fiducia degli americani. È questo il quadro che emerge dai verbali dell'ultima riunione di politica monetaria della Fed del 2-3 novembre e che ha spinto i banchieri centrali americani a varare il nuovo programma di stimolo da 600 miliardi di dollari destinato all'acquisto di titoli di Stato per abbassare ulteriormente i tassi di interesse e aiutare l'economia. Una manovra che, rivelano i verbali, non è stata sancita da un pieno accordo tra i membri del Federal Open Market Committee: la maggior parte ha ritenuto che benefici del piano di allentamento quantitativo sono superiori ai costi, mentre per alcuni esponenti il nuovi piano rischia di creare pressione involontarie sul dollaro e di avere un impatto sull'economia limitato. La Banca centrale statunitense prevede una «graduale ripresa della crescita» e solo un «lento progresso» sul fronte dell'occupazione, proprio nel giorno in cui il Pil Usa ha mostrato una inattesa accelerazione nel corso del terzo trimestre con una crescita del 2,5%. Ma le ultime stime della Fed dicono che il Pil 2010 si attesterà al 2,4-2,5% (dal 3-3,5% stimato a giugno) e nel 2011 al 3-3,6% dal 3,5-4,2% stimato in precedenza per poi arrivare al 3,6-4,5% nel 2012. E per la prima volta la Fed pubblica le stime per il 2013 indicando una crescita tra il 3,5% e il 4,6%. Intanto non si rimette in moto il mercato del lavoro, spina nel fianco della Fed e del presidente Usa Obama: ora il tasso di disoccupazione viaggia al 9,6% le nuove previsioni sono peggiori delle stime di giugno e segnalano un tasso di disoccupazione al 9,5-9,7% nell'ultimo scorcio del 2010 (dal 9,2-9,5% precedente) e per il 2011 all'8,9-9,1% per riuscire a calare al 7,7%-8,2% nel 2010 e al 6,9-7,4% nel 2013. E se oggi il Pil Usa del terzo trimestre ha rivelato una crescita superiore alle attese, il ritmo non èancora così forte da far ripartire il mercato del lavoro. Il Pil statunitense è stato rivisto oggi a +2,5% dal 2% della prima lettura confermando una accelerazione rispetto al +1,7% del secondo trimestre. A trainare il tasso di crescita sono stati soprattutto i consumi, evidenziando l'incremento più forte dall'ultimo scorcio del 2006 con un +2,8% (+2,6% la prima lettura e +2,2% nel secondo trimestre). Resta il fatto che la crescita americana, come dice la Fed, rimarrà ancora al di sotto del 3,5%, ossia il ritmo che gli Usa dovrebbero raggiungere per vedere una calo della disoccupazione: per il capoeconomista di PNC Financial, Stuart Hoffman un ritmo di crescita tra il 2,5 e il 3% nel corso del prossimo anno è «sufficiente per far scendere la disoccupazione, non rapidamente, ma di almeno uno 0,5%».

GRECIA, UE-FMI: BENE PROGRAMMA Il Fondo monetario internazionale (Fmi), la Commissione europea e la Banca centrale dell'Ue (Bce) hanno oggi dato via libera alla prossima tranche di 9 miliardi di euro del prestito alla Grecia, dopo che Atene ha accettato di porre in atto «nuove misure» di rigore nel 2011 - apparentemente senza ricorrere ad altri tagli dei salari e delle pensioni o a licenziamenti - per far fronte al buco creatosi con la revisione al rialzo dei deficit 2009 e 2010. Al termine di una missione di alcuni giorni gli ispettori internazionali hanno assicurato che se la Grecia ne avesse bisogno, potrà essere negoziata una dilazione dei termini di ripagamento del maxi prestito di 110 miliardi di euro oppure una nuova linea di credito per garantirne il servizio. I rappresentanti di Ue e Fmi hanno espresso soddisfazione per l«ambizioso» piano di risanamento greco confermando che il paese «è in carreggiata» e sta rispettando gli impegni di bilancio, con deviazioni minime. Ma hanno sottolineato che per raggiungere gli obiettivi di un deficit al 7,5% del Pil nel 2011 sono necessari «sforzi extra», ovvero «nuove misure» sulle quali è stato raggiunto un accordo. Queste consisteranno soprattutto nella riduzione delle spese e degli sprechi particolarmente nel settore della sanità, delle imprese di stato e nell'amministrazione fiscale, e nell'allargamento della base impositiva. Le nuove misure, è stato spiegato, non prevedono licenziamenti ma un programma di uscite volontarie dal settore statale e, per poter garantire un appoggio sociale al rigore, sul piano fiscale si deve puntare a riequilibrare un sistema impositivo che sinora ha colpito soprattutto salariati e pensionati. Paul Thomsen del Fmi ha detto che il paese è a «uno snodo cruciale», ovvero ha necessità di fare avanzare un'agenda concreta di riforme strutturali. Queste, ha spiegato, dovranno in particolare ridurre il costo del lavoro, ancorando gli stipendi alla produttività e intervenendo sui contratti collettivi; aprire l'accesso a professioni, servizi e commercio; modernizzare l'industria e privatizzare le proprietà statali. «Quando torneremo qui a marzo vorrei discutere i dettagli delle riforme strutturali», ha detto Thomsen spiegando che serviranno a dare impulso alla crescita. Il ministro delle finanze greco Giorgio Papaconstantinou, in una conferenza stampa separata, è apparso in totale sintonia con i rappresentanti dei creditori affermando che la Grecia, dopo «avere riacquistato credibilità», si troverà ad affrontare nel 2011 un anno cruciale con riforme strutturali non più rinviabili. Nel 2011 il piano di risanamento entrerà infatti «nella seconda fase» per superare la quale, ha spiegato, bisognerà raggiungere 10 obiettivi tra cui: controllo della spesa pubblica, accelerazione della lotta all'evasione, taglio dei deficit e riforma delle imprese pubbliche, eliminazione degli sprechi soprattutto nella sanità, liberalizzazione delle professioni, privatizzazione e valorizzazione delle proprietà statali: da cui si prevedono ricavi in crescita per 7 miliardi di euro in tre anni.

IRLANDA, BANCHE FANNO TREMARE L'EUROPA Gli aiuti all'Irlanda da parte dell'Unione europea e del Fondo monetario internazionale potrebbero arrivare a 85 miliardi di euro di cui 35 destinati alle banche. Aiuti che, se le indiscrezioni venissero confermate, sarebbero superiori a quelli ipotizzati nelle scorse settimane dal governo irlandese ed in linea con le previsioni fatte da alcuni istituti finanziari. Il governo irlandese ha infatti stimato lo scorso mese che il salvataggio del sistema bancario del Paese avrebbe potuto aggirarsi tra i 40 e i 50 miliardi di euro, il 32% del prodotto interno lordo dell'Irlanda. Ma secondo un'analisi di Barclays Capital il costo potrebbe lievitare a 80 miliardi di euro. La sola Anglo-Irish Bank avrebbe bisogno di un prestito compreso tra i 29 e i 34 miliardi di euro, a seconda della gravità della situazione. Allied Irish potrebbe avere bisogno di ulteriori tre miliardi di euro entro fine anno, che si andranno ad aggiungere ai 7,4 miliardi già stimati come necessari per la ricapitalizzazione dell'istituto di credito. Irish Nationwide Building Society avrà bisogno di altri 2,7 miliardi di euro per continuare ad operare. Bank of Ireland, in cui il governo controlla il 36%, è l'unica banca che non avrebbe bisogno di una ulteriore iniezione di liquidità e il mese scorso è riuscita a piazzare sul mercato titoli per 750 milioni di euro. I Paesi con la più alta esposizione sul settore bancario irlandese sono la Germania con 46 miliardi di dollari, la Gran Bretagna con 42,3 miliardi, gli Stati Uniti con 24,6, la Francia con 21,1 miliardi, l'Italia con 3,6 miliardi e la Spagna con 2,5 miliardi, secondo i dati della Bri alla fine del primo trimestre 2010.

(fonte leggo.it)